Il grande Gatsby, da Fitzgerald a Luhrmann
Baz Luhrmann torna a puntare i riflettori su di sé attraverso un altro film destinato a restare negli annali del cinema. Dopo Romeo + Giulietta e l’indimenticabile Moulin Rouge!, stavolta tocca al Grande Gatsby, distribuito dalla Warner Bros. e uscito in 3D nelle sale italiane il 16 maggio 2013 dopo aver aperto il Festival di Cannes il giorno prima. Questa è la quarta trasposizione cinematografica del capolavoro letterario di Francis Scott Fitzgerald, dopo la versione muta del 1926 (andata perduta), quella del 1949 e la più celebre del 1974 interpretata da Robert Redford e Mia Farrow. Luhrmann punta su due teste di serie del cinema contemporaneo: Leonardo Di Caprio nel ruolo di Jay Gatsby e Tobey Maguire in quello del vicino di casa Nick Carraway. Completa la triade dei personaggi principali la meno nota Carey Mulligan, ben calata nella parte dell’eterea e vanesia Daisy Fay.
La durata del film, a primo impatto, può spaventare. Eppure i 143 minuti di pellicola scorrono in modo più che gradevole. Il regista concede allo spettatore tutto il tempo per entrare nella storia, apprezzare i personaggi e il loro passato, scoprire i loro difetti e soprattutto i loro segreti. Tutto questo in perfetto stile Luhrmann-Fitzgerald. Certo, lo scrittore statunitense aveva pensato ad una storia permeata dal jazz, mentre il regista australiano ha optato per una colonna sonora decisamente più moderna e commerciale: Beyoncé, Jay-Z, Will.i.am, Lana Del Rey, Fergie e molti altri artisti contemporanei. A detta dello stesso Luhrmann proprio queste importanti collaborazioni musicali hanno portato allo slittamento dell’uscita del film nelle sale, inizialmente previsto per la fine del 2012. Anche se altre fonti affermano che il ritardo sia stato causato all’esoso cachet richiesto dal regista…
Ciò che è certo è che Luhrmann conferma la sua abilità nel reinterpretare in chiave moderna i classici letterari. Costumi e ambientazioni sono perfettamente in linea con lo stile dell’America proibizionista degli anni ’20 e ’30, eppure il risultato finale è più che mai attuale. Anche la scelta del 3D appare azzeccata. Del resto il regista ha affermato che Fitzgerald avrebbe fatto lo stesso, poiché anche lui era un grande innovatore. L’occhio di Dio che scruta ogni essere umano – così importante nell’opera di Fitzgerald – è reso nel film in maniera magistrale. Lo stesso vale per molte delle simbologie che chi ha letto il libro sarà lieto di ritrovare. Chi non ha avuto la fortuna di leggere il romanzo, invece, gradirà l’intensa e divertente trama e sarà probabilmente invogliato a colmare la lacuna. I critici hanno dato giudizi contrastanti – dal puro entusiasmo alla profonda delusione – eppure, cosa chiedere di più ad una pellicola?